di Emanuele Limpido

I risultati delle elezioni del 13-14 aprile hanno visto la sconfitta della coalizione PD-IDV, ferma, nonostante la preannunciata rimonta e gli appelli al voto utile, a 9 punti percentuali dalla coalizione vincente, PDL-Lega, e la disfatta delle forze di sinistra coalizzatesi ne “la Sinistra l’Arcobaleno”, scomparse totalmente dal parlamento e assenti anche dall’assemblea regionale siciliana.

Le ragioni di tale sconfitta sono molteplici (e un’analisi approfondita di queste è una necessità ineludibile).

L’appello al voto utile se non ha raggiunto il suo scopo manifesto, quello cioè di vincere le elezioni, ha sicuramente drenato un gran numero di voti verso il PD. Compagni politicamente impegnati mi hanno confessato di aver votato PD per paura della vittoria di Berlusconi.

Saremmo superficiali però se ci limitassimo ad imputare a ciò la sconfitta di proporzioni impensabili che si è manifestata.

Una seria autocritica è il punto dal quale partire per non scomparire dalla società, dopo essere scomparsi dalle principali istituzioni del paese.

Un’autocritica che accomuni i gruppi dirigenti dei partiti della sinistra che hanno il dovere morale di dimettersi in blocco (sia a livello nazionale che locale) per favorire un vero ricambio generazionale.

L’altro punto dal quale partire è l’unità delle forze di sinistra. Ho sentito con preoccupazione le dichiarazioni di esponenti dei comunisti italiani che invece di rassegnare le dimissioni dai loro incarichi chiedendo scusa agli elettori e ai militanti della sinistra, si lanciavano in considerazioni che, a mio parere, significherebbero davvero la fine della sinistra italiana. Secondo la loro analisi il voto rappresenterebbe la bocciatura del progetto unitario e il ritorno alla falce e martello sarebbe la soluzione. Secondo questi signori, la lezione ricevuta non ci deve convincere ancora di più della necessità di costruire un soggetto unitario a sinistra, che sia davvero nuovo e che non si risolva nella fusione di 4 partitini.

No! Ci deve far tornare a quella falce e martello feticci irrinunciabili per chi pensa di non avere idee a sufficienza per convincere gli elettori considerati alla stessa stregua del cane di Pavlov, votanti dal riflesso condizionato. Beh, io penso che di dirigenti che pensano così, che non traggono insegnamento dai propri errori, se ne possa fare volentieri a meno.

Ripartiamo dalle ceneri di questa disfatta per far piazza pulita del ciarpame tenendo gelosamente con noi quei valori e quelle idee che la sinistra ha sempre portato avanti.

Ripartiamo soprattutto dal contatto con la gente, perché se non ci votano è solo colpa nostra che non sappiamo comunicare con loro, accogliere le loro richieste, portare avanti le loro battaglie, in due parole: fare politica.


Emanuele Limpido
Comitato promotore Sinistra Democratica Avola

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