di Fabrizio Ardita
Mentre saltano una dopo l’altra, con stupefacente sincronia, con un effetto domino degno della perfezione nipponica, le condutture idriche della città che sprofonda nel dramma quotidiano vissuto da agrigentini e gelesi, si consuma, nell’indifferenza sostanziale di tutte le forze politiche locali, il lento e inesorabile processo di totale privatizzazione della Sai 8, la società a cui con spirito bipartisan sono state affidate le sorti idriche dell’intero territorio provinciale.
En passant, tra le righe di articoli di cronaca che raccontano di un Visentin intenzionato a “valutare con l’ufficio legale la possibilità di ottenere un risarcimento per i disagi sofferti dai cittadini” a causa dei continui disservizi nell’erogazione dell’acqua (non ce ne voglia il sindaco ma la nostra impressione è che sia una bufala colossale, degna del miglior Berlusconi), filtra la notizia che è stata confermata “la cessione di quote azionarie del Comune ai soci privati della Sai 8”.
Ma … “nulla cambia sulle prerogative di controllo sulle scelte societarie che il Comune esercita attraverso Sogeas” osa il primo cittadino, evidentemente abituato allo stato di assuefazione e apatia che contraddistingue il siracusano e coloro che sono stati eletti, scelti, per tutelarne gli interessi.
Si gioca con i numeri, si ingenera confusione, si lascia nell’ombra il quadro complessivo mentre le parole rassicurano laddove dovrebbero semplicemente spiegare, chiarire, fare informazione e non disinformazione.
La Saceccav, il sedicente socio di minoranza, passa oggi dal 18 al 28 %: bene! Da dove sono uscite le 10 quote? Per capire bisogna fare un passo indietro, ripercorrere la querelle del 2006, tornare al momento in cui si veniva a costituire la società per azioni cui affidare il servizio idrico integrato.
Si decise allora, anzi, più esattamente, il sindaco in carica Giambattista Bufardeci e il presidente della provincia Bruno Marziano, in piena sintonia - veramente da compagni di vita in quanto nel passato non troppo remoto tutt’e due attivi nella Cgil, l’uno come legale, l’altro come segretario provinciale - decisero di scegliere, tra le tre possibili procedure previste per l’affidamento del servizio, non l’affidamento “in house” con la costituzione di una società a capitale interamente pubblico, non una regolare gara d’appalto tra società private, bensì l’affidamento diretto con una procedura “ad evidenza pubblica” – così formalmente appariva - utilizzata perlopiù per le società miste a prevalente capitale pubblico locale.
Nel primo caso le quote avrebbero potuto essere versate dall’ente provincia e dai 21 comuni per salvaguardare del tutto la gestione pubblica di una risorsa preziosa come l’acqua su cui si sono invece scatenate le più ingorde speculazioni.
Nel secondo caso si sarebbe potuto, se non altro, contrattare sul privato più affidabile, sulla società capace almeno di garantire il necessario know how e le opportune professionalità: non ci sarebbe piaciuto ma almeno si sarebbe tratto qualche vantaggio dalla concorrenza nel libero confronto.
La scelta fu invece la procedura negoziata per la società mista: una scelta che si disse obbligata perché in nessun modo gli enti locali avrebbe potuto sostenere quella quota del 30% di propri investimenti all’interno di un’operazione, in 30 anni, per un miliardo di euro.
In quei mesi la diatriba fu se nella neonata società ci fosse una maggiore o minore presenza delle quote pubbliche.
Per settimane e settimane tutti gli attori della vicenda si diedero un gran daffare per garantire che erano le quote pubbliche quelle maggioritarie e portavano a loro sostegno la matematica, una matematica però da contabili poco probabili. Dicevano: il 18% è detenuto dai privati, l’82% dalla Sogeas che per il 60% è pubblica, ergo le quote pubbliche sono più di quelle private. Peccato, dimostravamo in quei giorni, che se sommo il 60% del pubblico al 40% del privato in Sogeas più l’altro 18% del socio entrante arrivo a un totale di 118. I conti non tornano e in realtà vanno fatti meno alla ‘fimminina’.
Per capire la ripartizione interna di quella che sarebbe stata la neonata società occorreva prima scorporare e poi ricomporre le quote di capitale pubblico e quelle del privato e allora sì che il mistero era svelato: il 50,80% di azioni in mano ai privati e solo il 49,20% di titolarità pubblica.
Da qui la conseguenza: la presenza nel consiglio di amministrazione, anche arrotondando per effetto o per eccesso - se la matematica è, come è, scienza esatta - di una maggioranza dei consiglieri di parte privata.
Una sofferenza a quel tempo “estorcere” all’allora vicepresidente del consiglio di amministrazione dell’Ato, Roberto Visentin, la conferma: “Sì, c’è una maggioranza di capitale privato”.
E se già dall’origine il dato, che nessuno mai ha avuto l’ardire di confutare, era questo, cosa significa affermare, come si è fatto in questi giorni, che la Saceccav, pur passando dal 18 al 28%, rimane socio di minoranza ed è il Comune con la Sogeas il socio di maggioranza?
“La verità – come evidenzia Fabrizio Ardita – è che il comune ha ceduto il 10% delle proprie azioni, quelle di parte pubblica intendo, al socio privato, indebolendo sempre di più la propria posizione, relegandosi a una presenza che diventerà nel tempo sempre più invisibile e, soprattutto, ininfluente”.
Certo, ancora il passaggio, nonostante nei commenti di cronaca appaia diversamente, non è stato perfezionato e quindi non è esecutivo: “Entro 120 giorni da quando il cda ha deciso l’operazione occorre acquisire la ratifica con una delibera di giunta o, in alternativa, ottenere un silenzio-assenso”.
Un gioco non nuovo, che si muove nel solco di quanto avvenuto nel giugno del 2006, allorquando la giunta comunale, con motivazioni per molti pretestuose, non portando neanche in discussione l’argomento, non esercitò in Sogeas il diritto di prelazione nei confronti del 40% che la Crea, il socio privato, aveva deciso di vendere (in effetti quel pacchetto azionario, nonché il credito vantato in Sogeas, passarono alla Sorgesa, i cui soci sono Siri, Irem, Saceccav)
“Ma si badi bene – aggiunge Ardita – se questo 10% viene investito nel capitale sociale allora diventa indispensabile anche la ratifica del consiglio comunale. In ogni caso va denunciato con forza quanto accaduto soprattutto ricordando che, a suo tempo, si era discusso a lungo sulla possibilità di cedere queste quote almeno agli altri comuni della provincia o alla provincia stessa per lasciare inalterata la quota pubblica. Così invece, nella sostanza, il processo di privatizzazione è avviato alla conclusione”.
Considerando infatti il dato che la Saceccav già possiede azioni in Sogeas è evidente che il socio privato si rinforza con il possesso di oltre il 60% delle quote societarie.
“Ma il rischio è ancora un altro, che queste azioni verranno cedute per ottenere finanziamenti alla banche e, se non si fosse poi in grado di restituire il prestito, si verificherebbe a Siracusa ciò che sta accadendo nel resto del mondo: anche nella nostra provincia le banche diventeranno proprietarie della nostra prima risorsa. Tutto si sta verificando come da noi preventivato”.
Ardita ha anche una spiegazione per l’aumento del capitale sociale da parte di Sai 8. “Tutti si stracciano le vesti per questi progetti fermi all’Arra, che non si decide a varare. Si grida all’improvvisa emergenza per le condutture che si spaccano , si crea il caso per riscaldare il clima e avere alibi, si incolpa l’agenzia regionale di ogni ritardo ma si nasconde la verità, non si spiega il motivo di quanto accade. Forse eccolo: la Sai 8 non è stata in grado fino ad ora di offrire le necessarie garanzie di stabilità economica, di capacità di impresa, cioè proprio di quella solidità tecnica e finanziaria in nome della quale non si esercitò il diritto di prelazione per lasciare il campo libero ai privati. Di qui la necessità di aumentare il capitale sociale. Se sono in grado di operare, come hanno sostenuto in passato di esserlo, perché non iniziano ad investire i loro capitali? Perché non si spiega pubblicamente come mai ad essere assunti in Sai 8, attraverso società interinali, sono stati alcuni responsabili delle ditte creditrici di Sogeas? non è forse perché la società è già piena di debiti insolvibili?”Come si fa ad assumere senza alcun bando di selezione trasparente che garantisca qualsiasi cittadino?
E ancora di altro si lamenta il commissario provinciale dell’Udeur: da un lato della sostanziale ignavia dei cittadini che non guardano al di là dell’immediata disponibilità, nelle loro case, dell’acqua senza considerare la gravità del fenomeno in atto, del fatto che “ci stanno rubando la nostra acqua, la stanno mercificando e ancora non si ha la percezione reale di quanto accadrà”, dall’altro delle anomalie con cui la Sai 8 è subentrata alla Sogeas nelle fatturazioni e nella richiesta degli arretrati “Quale contratto l’utente ha materialmente sottoscritto con la Sai 8?”, della posizione dei dipendenti “Dipendenti di chi? La Sai8 dice di essere operativa dal gennaio 2008: con quali dipendenti ha operato? Forse che ha dato un subappalto alla Sogeas?”, ha depositato al Comune i Bilanci? Come fa il Consiglio Comunale a votare il Bilancio di previsione se non ha i Bilanci di tutti gli Enti controllati tra cui proprio la Sai 8? Dove sono i fondi che si dovevano accantonare per pagare le bollette alle famiglie Indigenti?e ancora della mancata risposta del presidente della provincia Nicola Bono, votato dal Comitato No!Acquasalata, per essere stato l’unico a sollevare il problema dell’affidamento, con una specifica e dettagliata interrogazione Parlamentare,alle richieste del garante dell’antitrust di rivedere la gara d’appalto per l’illegittimo affidamento e la fideiussione non valida.
“Oggi in tanti ci chiedono di ricominciare a lottare per i disservizi creati e per le bollette che arrivano, mentre nessuno ci ha chiesto di lottare per la vera ragione di vita, quella di difendere il bene prezioso, l’acqua. Si accorgeranno quando chiuderanno le prime erogazioni alle famiglie, visto che gli abbiamo regalato con l’acqua la nostra vita.”
ARTICOLO APPARSO NEL SETTIMANALE LA CIVETTA DI SIRACUSA A FIRMA DI MARINA DIMICHELE (GIORNALISTA CHE SI E’ SEMPRE BATTUTA CONTRO LA PRIVATIZZAZIONE DELL’ACQUA, E CHE CORAGGIOSAMENTE HA PORTATO AVANTI L’INCHIESTA INSIEME AL COMITATO CIVICO NO!ACQUASALATA DI SIRACUSA.
Fabrizio Ardita
Che fare?