di Paolo Pantano

Un'analisi di Jomo Kwame Sundaram (assistente per lo sviluppo economico del segretario generale della Nazioni Unite) e di Johan Scholvinck (direttore della divisione per le politiche e lo sviluppo sociali dell' ONU).

"La crescita dell' economia globale negli ultimi decenni non ha creato un numero sufficiente di posti di lavoro adeguati ad una degna sussistenza degli individui" - così hanno affermato i due analisti in un recente studio delle Nazioni Unite intitolato The employment imperative: report on the world social situation.

Lo studio mostra che, nel tentativo di mantenere o accrescere la propria competività, i governi ed i datori di lavoro di tutto il mondo hanno messo in atto una serie di misure per aumentare la flessibilità del mercato del lavoro. Ma ciò ha contribuito solamente a una maggiore insicurezza e ad aumentare la diseguaglianza senza riuscire al tempo stesso a ottenere, come promesso, una crescita dell' occupazione o un' occupazione più produttiva.
Negli ultimi dieci anni il numero di persone disoccupate nel mondo è salito. L' 80% della forza lavoro mondiale, inoltre, è senza contributi per la pensione e la sanità, assicurazioni e benefit di alcun genere. Si stima che almeno il 43,5% dei lavoratori, pari a 1,3 miliardi di persone, non guadagni abbastanza da permettere a sé o alla propria famiglia di oltrepassare la soglia di povertà dei 2 dollari al giorno. Recentemente la Banca Mondiale ha rivisto le stime sulla povertà nel mondo e la cifra probabilmente salirà.

Sono necessari - affermano - cooperazione e coordinamento tra Paesi per contrastare le pressioni dell' attuale race the bottom (corsa verso il fondo) nella concorrenza globale per conquistare investimenti e mercati. Un lavoro dignitoso, soddisfacente e sicuro, un salario equo e protezione sociale significano un' occupazione produttiva, buone prospettive di sviluppo e un inserimento sociale. Tutto ciò non è un' opzione politica, ma un imperativo.

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Paolo Pantano

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