di Peppe Consiglio


Sabato 10 Novembre 2007:

una data storica per il Comune di Avola.

Una data che di certo rimarrà impressa nella memoria di una collettività che da tempo non sperimentava e viveva simili emozioni.

Assistere allo spettacolo di almeno 3000 Avolesi, mossi da un unico obbiettivo, stretti come fratelli sotto il vessillo della Giustizia, fieri di palesare la loro insoddisfazione verso provvedimenti iniqui e perversi, mi ha deliziato.

3000 Avolesi hanno preso in mano il loro destino e sono scesi in strada a rivendicare i diritti loro barbaramente strappati.

Un fiume di persone si è riversato al Di Maria, migliaia di persone che chiedevano con una sola voce il rispetto del loro diritto a sopravvivere e a godere di un trattamento degno di un qualsiasi altro cittadino italiano.

E tutto si è svolto senza cerimonie, senza strumentalizzazioni, senza retorica.

Mi ha toccato particolarmente il tono fiero, quasi marziale con cui Padre Caruso mi ha espresso la sua soddisfazione: “Il duro lavoro viene premiato”.

La manifestazione si è sviluppata in un clima di “ordine e disciplina”, un’eccessiva tranquillità, necessaria tuttavia per garantire il civile svolgersi dell’evento che ha così lasciato perplessi molti cittadini. Sono però convinto che bisogna procedere per gradi e compiere un passo alla volta; qualora le nostre richieste non venissero rispettate porremo in essere altre forme di protesta pur sempre civili e democratiche, s’intende, ma che sono certo avranno maggiori capacità persuasive per chi pretende di comandarci senza renderci partecipi e protagonisti delle scelte che così drammaticamente investono la nostra vita.

Un dato impressionante quello delle 3000 presenze, un dato che però è ancora insufficiente e che non è nulla se si considerano gli altri 30000 avolesi (questa volta minuscolo) che per un motivo o per un altro non hanno aderito.

Il mio ringraziamento va a tutti gli studenti, che non hanno sfruttato l’occasione per una semplice “calia” ma che sono stati, invece, l’anima della manifestazione insieme agli anziani.

Da questa analisi si evince che le classi più deboli sono state più sensibili all’argomento e sono state pronte a mettersi in gioco a differenza delle fasce d’età produttive, dominanti e che tengono le redini della nostra società.

La mia speranza è che non sia più necessario dar vita ad eventi di tale portata, ma adesso sanno che una forza sociale è pronta a dar “battaglia” ogni volta che la storia lo richiederà.

Peppe Consiglio

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