di Paolo Rametta

Salve, mi chiamo Paolo Rametta, sono un avolese di 25 anni, laureato in giurisprudenza ed aspirante Commissario della Polizia di Stato. Ho scritto una lettera per cercare di dare una scossa alla gente del mio paese sul problema della mafia. Non appartengo a nessun gruppo o associazione, porto avanti le mie idee da solo. Credo sarebbe una gran cosa pubblicare su questo blog la mia lettera, potrebbe animare qualche spirito debole.

Con questa lettera mi rivolgo a tutti i siciliani, di qualunque età, sesso e convinzione politica, perché ciò che voglio esprimere prescinde da qualsivoglia logica di partito. Col cuore tengo a precisare che il mio intento non è assolutamente quello di impartire lezioni di vita, ma di invitarvi seriamente, una volta per tutte, a tirar fuori la vostra rabbia e la vostra insofferenza per essere la Sicilia ancora oggi sotto scacco di una mafia che, silenziosamente, continua tessere le trame dei suoi loschi affari.

L’attuale Procuratore Nazionale Antimafia, il dr. Pietro Grasso, ha un sogno: poter un giorno, non troppo lontano, prendere in braccio i suoi nipotini e raccontargli una storia con questo inizio; sto parlando di un uomo che vive sotto scorta dal 1985, 25 anni trascorsi rischiando quotidianamente la propria vita, rinunciando a tutto ciò che per noi è scontato, dall’andare al cinema al farsi una passeggiata per i negozi. Per cosa? Per soldi? Per il potere? Per il successo? Niente di tutto questo! Pur avendo la possibilità di scegliere una vita tranquilla, al riparo da pericoli, lui e tutti gli uomini come lui, i soli che possono legittimamente definirsi “uomini d’onore”, hanno scelto di esporsi, di combattere in prima linea; di fronte al male non hanno abbassato la testa da sconfitti ma hanno deciso di affrontarlo a testa alta, guardandolo negli occhi, abolendo decisamente la parola “egoismo” dal loro dizionario e improntando il loro agire all’amore incondizionato per la propria terra

Ecco, io vi chiedo di riflettere sul significato della vita di coloro i quali – magistrati, appartenenti alle forze dell’ordine, gente comune che ha avuto il coraggio di ribellarsi – hanno lottato per un ideale. L’errore della nostra società è quello di dare tutto per scontato, di ritenerci liberi da qualsiasi dovere morale; ci sentiamo con la coscienza pulita sol perché ci consideriamo persone oneste che provano sincera ammirazione nei confronti di chi lotta per la giustizia. Io vi dico che è troppo facile limitarsi ad applaudire e restare fermi a guardare, occorre qualcosa di più, occorre tradurre in chiave operativa tutta questa nostra stima, occorre agire! Prima ancora di essere una fattispecie criminosa puntualmente definita e disciplinata dal Legislatore, la mafia è un problema sociale che nasce, si nutre e si espande grazie al nostro egoismo, alle nostre coscienze troppo spesso inerti, alla forma mentis secondo la quale “chi pensa agli affari propri campa cent’anni”. Si ok campa cent’anni ma con quale dignità? Le Istituzioni possono solo contrastare il fenomeno, arginarlo, ma il colpo finale dobbiamo darlo noi; a noi spetta il compito di trasformare quel sogno del dr. Piero Grasso nella nostra realtà.

Come fare? Anzitutto occorre svegliarsi da questo rassicurante torpore, indignarsi e denunciare senza la minima esitazione quei delinquenti che incutono timore con la forza dell’intimidazione. Ma bisogna essere uniti nel farlo, perché fino a quando ci sarà anche soltanto una persona che chinerà la testa, su quella fragilità la mafia trarrà la propria linfa vitale. Se oggi siamo 50, domani 100, dopodomani saremo 150 e così via fino a quando saremo noi e la nostra voglia di riscatto a trionfare sul marcio che inquina le nostre vite da troppo tempo ormai. La mafia non è invincibile ma, parole di Giovanni Falcone, “è un fatto umano e come ogni fatto umano ha avuto un inizio ma avrà anche una fine”. Finiamola col dirci “io non sono un eroe come loro, ho la mia vita e miei interessi da tutelare”. C’è gente che, pur non conoscendoci, è morta anche per noi, ancorché con la matematica certezza che avrebbe pagato cara la propria scelta, non ha arretrato di un centimetro continuando la propria opera. A noi il compito di onorare la loro memoria, di fare in modo che l’impegno di chi non c’è più e di chi ancora oggi lotta a denti stretti, abbia un senso. Il loro esempio deve essere la nostra forza!

Paolo Borsellino diceva “Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo”. Allora noi dobbiamo anche pregare, tutti insieme con convinzione, affinché il Signore scuota le menti di tutti quei giovani che ancora oggi non riescono, o peggio, non vogliono aprire gli occhi; affinché Li induca a scegliere da che parte stare con fermezza di spirito, Li convinca che la mentalità dell’indifferenza, del pensare agli affari propri facendo finta di nulla, non rende l’uomo furbo, né tanto meno libero, ma perdente.


Paolo Rametta

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