di Grabriele Campisi

Il presidente del consiglio ieri ha chiuso la sua campagna elettorale a Milano dicendo che in città “c’è un numero di presenze non italiane per cui non sembra di essere in una città italiana o europea, ma in una città africana. Questo non lo accettiamo”.

Vorrei ricordare al premier che gli stranieri in Italia contribuiscono alla creazione del 10 % del nostro Pil. Uomini e donne che per cercare un futuro dignitoso sono giunti nel nostro paese lasciandosi alle spalle un passato fatto di miseria e morte e adesso lavorano nelle nostre aziende e lo danno inoltre (anche agli italiani) tramite le 243 mila attività aperte nel nostro territorio.

Questa massa di marocchini, cinesi, albanesi etc. sono anche ottimi consumatori, pagano le tasse e sorreggono in parte con il loro gettito il nostro sistema previdenziale. Andrebbero ricordate anche tutte quelle colf e badanti che letteralmente lavano il sedere ai nostri anziani ormai non più autosufficienti.

Un importante istituto di ricerca italiano ha ipotizzato uno scenario di lungo termine con un tasso d’immigrazione pari a zero. I risultati sono facilmente intuibili: avremmo un rapido invecchiamento della popolazione accompagnata da una diminuzione della stessa, forza lavoro in netto calo, e welfare state al collasso.

E pensare che fino a poco tempo fa i disperati eravamo noi, quanti di voi non hanno un parente che ha cercato e a volte realizzato la sua fortuna all’estero?

Un paese come il nostro che ha “esportato” uomini di pregio come Rodolfo Valentino, Dino De Laurentiis o Enrico Fermi, ma anche criminali come Al Capone che trasformò Chicago in una città di perdizione. Forse pochi sanno che gli oriundi italiani sono di più degli italiani stessi..

Voi vi immaginate se tutta questa gente per un solo giorno decidesse di incrociare le braccia? Sicuramente vedremmo il nostro presidente del consiglio correre sul palco, rifarsi velocemente il trucco con un po’ di cipria nel fazzoletto e dire: Signori, continuate a lavorare e a darci lavoro, o le nostre città invece di “sembrare” africane, “diventeranno” africane.

Saluti,
Gabriele Campisi

9 commenti

  1. oltre // 5 giugno 2009 alle ore 20:57  

    "Andrebbero ricordate anche tutte quelle colf e badanti che letteralmente lavano il sedere ai nostri anziani ormai non più autosufficienti."

    ...e aggiungerei anche che si tratta di lavori che spesso noi italioti non accettiamo di svolgere mancu se stamu murennu ra fami.

    P.S.: Ma xche mi avete censurato il commento nel post sulla prof. Campisi? non c'era scritto nulla di male, era una battuta x smorzare i toni che già di per sè non erano poi così alti. O forse non è arrivato?

  2. Maria Grazia // 6 giugno 2009 alle ore 00:58  

    Sono convinta che "immigrazione è sinonimo di risorsa" come scrive Gabriele Campisi e che non è consentito a nessun Italiano di essere razzista. Nei campi , nelle serre di Pachino ci sono ormai solo immigrati a lavorarci e per giunta sottopagati, perchè gli indigeni non si abbassano più a lavorare i campi, piuttosto muoiono di fame, ma in campagna , mai, come se fosse un'infamia e una vergogna. Ringraziamoli che stanno ripopolando l'Italia che, altrimenti, sarebbe già deserta, considerato il calo di nascite pazzesco. Pensate a scuola quante classi in meno, con conseguente taglio degli organici, altro che Gelmini, le gambe ce le vogliamo tagliare da soli. Accogliere è sinonimo di civiltà. I delinquenti sono marocchini, algerini, cinesi etc, tanto quanto possono esserlo gli Italiani.
    Cordialmente
    Maria Grazia Caruso

  3. Paolo Caruso // 6 giugno 2009 alle ore 18:28  

    E nel frattempo che tutti sappiamo che queste persone lavorano sottopagate per per 10-12 ore al giorno, noi che facciamo?
    Che aspetta l'istituzione a punire tutti quei "Padroni" miserabili che sfruttano fino all'osso questa gente senza alcun ingaggio e senza diritti?
    Che cosa aspetta l'istituzione a umiliare questi sfruttatori che ledono i diritti fondamentali dell'uomo?
    Ricordiamoci che anche se sono un pochino più scuri di noi, sono delle persone e la fatica e il dolore la sentono come noi...quindi perchè devono lavorare in condizioni disumane, senza orario, senza ferie, malattia, ecc? Se i Padroni iniziano ad assumere regolarmente avremo meno clandestini in Italia e quindi meno schiavi e meno delinquenza...però alle istituzioni evidentemente piace far finta di non vedere o abituarsi l'occhio a guardare le cose in un altro modo...e poi siamo pure capaci di fare un sorriso di compiacimento e dire a questi poveri cristi "grazie"... iniziamo a fare qualcosa di serio per risolvere il problema...
    Grazie
    Paolo Caruso

  4. Anonimo // 6 giugno 2009 alle ore 22:29  

    Caro Paolo, a te che chiedi "cosa aspetta l'istituzione" per risolvere il problema dello sfruttamento nelle campagne... beh.. ti rispondo ricordandoti che la storia dello sfruttamento dei lavoratori agricoli siciliani ha radici lontanissime.

    1)
    Le origini della mafia risalgono al periodo dell'abolizione del feudalesimo (1812) quando i nobili proprietari terrieri utilizzarono gente violenta per gestire le proprie terre ed evitare la redistribuzione agraria.
    2)
    La storia continua con l'arrivo degli ultimi nostri colonizzatori, gli Italiani, che fu conseguenza dell'accordo tra industriali del nord e l'aristocrazia terriera del sud, che otteneva il mantenimento dello status quo contro le rivendicazioni contadine.
    3)
    Dopo la prima guerra mondiale, mentre le tensioni crescevano, arrivò il fascismo a tagliare le speranze di riforma agraria e i proprietari sposarono la causa che rispondeva esattamente alle loro esigenze (tant'è che scaricarono i mafiosi, che non gli erano più utili).
    4)
    Con la fine del fascismo, i braccianti dovettero essere messi a tacere nuovamente manu militari, come nella Strage di Portella della Ginestra, 1 maggio 1947, in cui la banda Giuliano forte di appoggi misteriosi, sparò con armi da guerra sulla folla pacifica riunita per celebrare il primo maggio (11 morti tra cui 4 bambini e 30 feriti).
    5)
    Sui fatti di Avola non c'è bisogno di dire nulla.
    6)
    Il resto è storia recente, il declino dell'importanza dell'agricoltura ha spostato rivendicazioni e attenzioni criminali altrove, ma i braccianti continuano a lavorare in nero (mi riferisco anche ai siciliani).

    Tutto questo per dire, caro Paolo, che le istituzioni ci sono dentro fino al collo nello sfruttamento della manodopera clandestina, ricattabile e disperata, dato che la rendono possibile omettendo i controlli e rendendo di fatto difficili le condanne agli sfruttatori. Che sono poi i nostri interlocutori di tutti i giorni, conoscenti, parenti, amici, gente per bene. Tutta gente che vota, tra l'altro, a differenza degli immigrati che non contano niente a livello politico. Mi stupirei se davvero le istituzioni agissero in nome e per conto di qualcuno che non ha soldi e non controlla voti..

    Mala tempora currunt... Uò lo schifu

  5. Paolo Caruso // 7 giugno 2009 alle ore 10:32  

    Apprezzo tanto il tuo escursus storico. Mi rendo conto che la mafia è una cancrena ben radicata e che io non sono il superman che la sdradicherà. E' altrettanto vero però che si deve iniziare a cambiare qualcosa. Intanto deve partire ognuno di noi nel suo piccolo, nella sua vita a praticare e dopo predicare l'antimafia. Come diceva Falcone, la mafia come ogni cosa avrà una fine e sta a noi anticipare a prima possibile quella fine.Io non credo sia un discorso utopistico se ognuno di noi fa la sua parte. Noi cittadini abbiamo la più grande responsabilità, poi spetta a Polizia, Carabinieri, Giudici, Imprenditori, Amministrazioni Comunali, Politici, ecc, dar vita ad una rete accomunata da quest'utopia possibile. Ti ringrazio del tuo commento, ma non perdere mai la speranza in un cambiamento, qualsiasi sia la tua età, la tua professione e il tuo ceto sociale, facciamo in modo insieme di non perdere mai la dignità di essere Uomini e non "sciacqualattuga" che si vendono o che comprano a prima occasione, gente, voti, consensi, amicizie, lavoro, favori. La dignità non deve avere prezzo!
    Paolo Caruso

  6. Maria Grazia // 7 giugno 2009 alle ore 14:25  

    Che cosa aspetta l'istituzione? dice Paolo. Ma chi è l'istituzione? In questo caso è il datore di lavoro che fa il furbetto, è ogni cittadino che sa e non denuncia. Caro Paolo il cambiamento ci sarà se saremo noi a cambiare non a parole, a fare predicozzi, ma concretamente con i nostri atteggiamenti, giorno dopo giorno. Comunque io ci credo e se il sogno di uno diventa il sogno di tanti, questo prima o poi diventerà realtà.
    Ad Avola, per esempio, c'è gente che ha reddito zero o un ISEE bassissimo che non paga il ticket sanitario, che ha privilegi e si mantiene la macchina X piuttosto che un'utilitaria, il cellulare di ultima generazione e così via.
    Come vuoi che cambi la situazione.
    Ci sono professionisti che denunciano un reddito più basso del mio, eppure hanno la villa, macchine di lusso, vacanze a Dubai.
    Affettuosamente
    Maria Grazia Caruso

  7. Anonimo // 8 giugno 2009 alle ore 01:01  

    Ma chi è l'istituzione? In questo caso è il datore di lavoro che fa il furbetto ((?)) è ogni cittadino che sa e non denuncia. Caro Paolo il cambiamento ci sarà se saremo noi a cambiare non a parole, a fare predicozzi, ma concretamente con i nostri atteggiamenti, giorno dopo giorno.
    (MG Caruso)

    DOMANDA: ma se le cose stanno così, cosa vi paghiamo a fare? a voi politici, ma anche alle polizie, magistrature, sindacati... cioè, a combattere mafia e sfruttamento, alla fine, dev'essere l'iniziativa privata?

    No, dico, perchè se è così quasi quasi fondo una mafia anch'io...

  8. lampadina // 8 giugno 2009 alle ore 01:06  

    Professoressa perchè provi sempre a non ti prendere le tue responsabilità? l'istituzione sei anche tu da consigliere comunale. cos'hai fatto fino ad oggi per arginare questo problema che sembri conoscere bene?

  9. Maria Grazia // 8 giugno 2009 alle ore 14:32  

    Non cambiamo le carte in tavola per favore! Io ho un ruolo istituzionale e ho dei doveri, ci mancherebbe e non mi tiro di certo indietro. Ma pensate se tutti e dico tutti facessero la propria parte.
    Affettuosamente
    M. G. Caruso

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