Firma l'appello: Niente regali alle mafie, i beni confiscati sono cosa nostra

Tredici anni fa, oltre un milione di cittadini firmarono la petizione che chiedeva al Parlamento di approvare la legge per l'uso sociale dei beni confiscati alle mafie. Un appello raccolto da tutte le forze politiche, che votarono all'unanimità le legge 109/96. Si coronava, così, il sogno di chi, a cominciare da Pio La Torre, aveva pagato con la propria vita l'impegno per sottrarre ai clan le ricchezze accumulate illegalmente.

Oggi quell 'impegno rischia di essere tradito. Un emendamento introdotto in Senato alla legge finanziaria, infatti, prevede la vendita dei beni confiscati che non si riescono a destinare entro tre o sei mesi. E' facile immaginare, grazie alle note capacità delle organizzazioni mafiose di mascherare la loro presenza, chi si farà avanti per comprare ville, case e terreni appartenuti ai boss e che rappresentavano altrettanti simboli del loro potere, costruito con la violenza, il sangue, i soprusi, fino all'intervento dello Stato.

La vendita di quei beni significherà una cosa soltanto: che lo Stato si arrende di fronte alle difficoltà del loro pieno ed effettivo riutilizzo sociale, come prevede la legge. E il ritorno di quei beni nelle disponibilità dei clan a cui erano stati sottratti, grazie al lavoro delle forze dell'ordine e della magistratura, avrà un effetto dirompente sulla stessa credibilità delle istituzioni.

Per queste ragioni chiediamo al governo e al Parlamento di ripensarci e di ritirare l'emendamento sulla vendita dei beni confiscati.
Si rafforzi, piuttosto, l'azione di chi indaga per individuare le ricchezze dei clan. S'introducano norme che facilitano il riutilizzo sociale dei beni e venga data concreta attuazione alla norma che stabilisce la confisca di beni ai corrotti. E vengano destinate innanzitutto ai familiari delle vittime di mafia e ai testimoni di giustizia i soldi e le risorse finanziarie sottratte alle mafie. Ma non vendiamo quei beni confiscati che rappresentano il segno del riscatto di un'Italia civile, onesta e coraggiosa. Perché quei beni sono davvero tutti "cosa nostra"

don Luigi Ciotti
presidente di Libera e Gruppo Abele

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2 commenti

  1. Nino Campisi 1958 // 4 dicembre 2009 alle ore 18:21  

    Viviamo in uno stato,dove al posto di quella ruota dentata con su una stella,avvolti in una corona di alloro e di ghianda,legata con quel nastro che porta la scritta repubblica italiana,dovrebbe starci una corona di vigorose foglie di banano,con al centro il cappuccio e la maschera nera di pulcinella,con sopra un bel grappolo di banane.Il nastro ci starebbe pure ma con su scritto.Indovinate :-"la repubblica delle banane" Non può esserci altra definizione.In questi giorni è uscito un libro di Enrico Deaglio,un autorevole giornalista.Il libro ha come titolo "Patria 1978 - 2008" Si tratta di un'agenda che raccoglie tutti i misfatti ed i misteri della nostra bella Italia.Misfatti e misteri che riguardano tantissime vicende insabbiate dal nosto sistema politico che ha governato il paese negli ultimi trenta anni.Sono sicuro che i prossimi trenta anni,saranno caratterizzati da eventi squallidi come quelli che li hanno preceduti,ed un autorevole giornalista,li racconterà.Sarà la volontà del solito sistema politico formato da manipolatori,freddi e spietati,avvolti in oscuri sogni di gloria.(questa definizione mi piace.L'ho letta da qualche parte.Ricordo di averla già detto e la ripeto)

  2. Maria Grazia // 8 dicembre 2009 alle ore 17:42  

    Io ho già firmato, non è possibile far rientrare dalla finestra ciò che si è riusciti a tirar fuori dalla porta.
    Maria Grazia Caruso

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